Aglio, olio e assassino di Pino Imperatore

Molto velocemente ho finito il nuovo libro di Pino Imperatore.
Avevo già letto alcuni dei suoi precedenti romanzi e mi erano piaciuti molto, perciò sono andata quasi a colpo sicuro.
E non sono stata smentita.

Nell’affascinante quartiere di Mergellina, Francesco e Peppe Vitiello gestiscono la premiata trattoria Parthenope, dispensando buoni piatti e aneddoti ancor più saporiti. L’ispettore Gianni Scapece, amante della cucina non meno che delle donne, lavora nel commissariato appena aperto di fronte al locale e dove si racconta che viva il fantasma di una vedova allegra. Per lui è un ritorno a casa, perché in quel quartiere ci è nato, e nell’ospitalità dei Vitiello ritrova il calore e la veracità che aveva perduto. Nelle settimane che precedono il Natale, però, Napoli è scossa dall’omicidio di un ragazzo, il cui corpo viene letteralmente “condito” dall’assassino con aglio, olio e peperoncino. Perché un rituale così macabro? Quale messaggio nasconde? Per trovare la risposta, l’ispettore dovrà scavare tra simboli, leggende e credenze della cultura partenopea, aiutato dalla tenacia del suo capo, il commissario Carlo Improta, e dalle scoppiettanti intuizioni dei Vitiello. In un romanzo che mescola con sapienza la commedia e l’indagine poliziesca, Pino Imperatore dirige un formidabile coro di passioni e allegria, di bassezze e colpi di genio. Un’avvincente corsa contro il tempo, con uno straordinario, pirotecnico finale.


Dopo la famiglia Esposito dei suoi precedenti libri, Imperatore ci presenta una nuova famiglia, i Vitiello, dei quali non si può non innamorarsi. Sono simpatici, casinisti, veraci e veri.
Quello che mi è molto piaciuto è il modo dell'autore di raccontare i "rapporti umani" storie d'amore e soprattutto di amicizia. Mi ha particolarmente colpito il rapporto che si crea tra l'ispettore e il suo superiore, il commissario Improta.
Il commissario non ha figli, Scapece non ha più i genitori e queste mancanze vengono superate dal rapporto quasi di padre-figlio che si instaura tra i due. Improta "adotta" un figlio che non ha mai avuto e Scapece accetta le "coccole" di un padre che non ha più. Mi ha fatto molto emozionare.

Ma quello che mi piace di più dei libri di Pino Imperatore è che ... mi sento "a casa".
Leggere Napoli nei suoi romanzi è davvero sentirsi di nuovo in quella meraviglia che è la mia città. E' per me che non abito più lì è importantissimo.

Nei suoi romanzi la città non fa da cornice alla storia, ma ne è parte integrante con i suoi luoghi e i suoi monumenti.

Leggendo questo libro mi sono "vista" alla Gaiola insieme all'ispettore Capece. Con lui ho visto il magnifico panorama della terrazza della Chiesa di Santa Maria del Faro, ho attraversato Piazza Sannazzaro e girato tra i presepi di San Gregorio Armeno. Ho riscoperto la meraviglia della chiesa di Santa Maria del Parto a Mergellina. Ho rivisto la mia Napoli piena di posti meravigliosi e piena di contraddizioni.

Spero davvero che questa allegra famiglia di napoletani e l'ispettore Capece ritornino in un nuovo romanzo con un nuovo caso da risolvere!

Commenti

Post popolari in questo blog

Le tende del letto

Regala un libro per Natale: la conclusione.