I libri di aprile
Dopo i nove libri del mese di marzo, in un clima surreale, chiusi in casa senza poter uscire, andare a scuola/lavoro/palestra, anche ad aprile le mie letture hanno mantenuto un buon ritmo.
Questi sono i libri del mese di aprile:
1) Il collezionista di conchiglie di Anthony Doerr
2) Dodici rose a settembre di Maurizio de Giovanni
3) Il colibrì di Sandro Veronesi
4) La cripta del Cristo velato di Nicola Manzò
5) La logica della lampara di Cristina Cassar Scalia
6) L'uomo di Kiev di Bernard Malamud
7) Il gruppo di Mary McCarthy
8) Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey di Annie Barrows
9) Ritrovarsi a Parigi di Gajto Gazdanov
La mia amica Lele mi ha consigliato di leggere Il collezionista di conchiglie di Anthony Doerr e io non me lo sono fatto ripetere due volte.
«Raccogliere conchiglie - ciascuna uno stupore - conoscerne i nomi, lasciarle cadere nel secchiello: di questo era piena la sua vita, di questo traboccava. Certe mattine, muovendosi per la laguna, provava l'impulso quasi irresistibile di inchinarsi.» Queste sono otto storie fuori dagli schemi, permeate da un velo di magia e tuttavia profondamente ancorate all'umanità, molto reale, dei personaggi che le abitano. Otto storie che danno forma a una mappatura precisa e avvincente dei diversi paesaggi del mondo e dell'anima, all'interno dei quali le emozioni più intense - il lutto, la perdita, la metamorfosi, l'amore - trovano un'eco nella natura. In queste pagine si allargano fulgide barriere coralline abitate da molluschi velenosi, remote distese africane di erica gigante, selvagge brughiere argentee silenziose, foreste innevate in immobile attesa del disgelo. E lì, adagiate su un implacabile fondale, si dispiegano alcune memorabili vicende umane. Come quella di un cacciatore del Montana costretto a confrontarsi con la «sensibilità acuta e forestiera» della moglie nei confronti degli animali, o quella, luminosa, di Joseph Saleeby, ladruncolo e perdigiorno, in fuga dalle violenze inaudite della guerra civile liberiana, che in terra d'Oregon vorrebbe trovare redenzione e un luogo da poter chiamare casa. Prima dello straordinario successo di Tutta la luce che non vediamo, che lo ha visto trionfare sulla narrativa contemporanea americana degli ultimi anni, Anthony Doerr compose queste eccentriche prove d'autore, in cui ritroviamo il talento di una scrittura lirica e commossa di fronte al mistero dell'esistenza.
E' una raccolta di piccoli racconti. Si leggono velocemente e sono molto carini. Lo consiglio!
Dopo i Bastardi di Pizzofalcone e il Commissario Ricciardi, il personaggio di una nuova detective, Mina Settembre è uscita dalla geniale penna di Maurizio De Giovanni. Gelsomina, detta Mina è assistente sociale che indaga nei Quartieri Spagnoli di Napoli. In questo libro affronterà il misterioso Assassino delle Rose. Amo molto i libri di De Giovanni perciò non mi sono fatta scappare il suo ultimo Dodici rose a settembre.
«Mi chiamo Flor, ho undici anni, e sono qui perché penso che mio padre ammazzerà mia madre».
Gelsomina Settembre detta Mina, assistente sociale di un consultorio sottofinanziato nei Quartieri Spagnoli di Napoli, è costretta a occuparsi di casi senza giustizia. La affiancano alcuni tipi caratteristici con cui forma un improvvisato, e un po’ buffo, gruppo di intervento in ambienti dominati da regole diverse dall’ordine ufficiale. Domenico Gammardella «chiamami Mimmo», bello come Robert Redford, con un fascino del tutto involontario e una buona volontà spesso frustrata; «Rudy» Trapanese, il portiere dello stabile che si sente irresistibile e quando parla sembra rivolgersi con lo sguardo solo alle belle forme di Mina; e, più di lato, il magistrato De Carolis, antipatico presuntuoso ma quello che alla fine prova a conciliare le leggi con la giustizia.
Vengono trascinati in due corse contro il tempo più o meno parallele. Ma di una sola di esse sono consapevoli. Mentre Mina, a cui non mancano i problemi personali, si dedica a una rischiosa avventura per salvare due vite, un vendicatore, che segue uno schema incomprensibile, stringe intorno a lei una spirale di sangue. La causa è qualcosa di sepolto nel passato remoto. Il magistrato De Carolis deve capire tutto prima che arrivi l’ultima delle dodici rose rosse che, un giorno dopo l’altro, uno sconosciuto invia.
Mina Settembre e gli altri sono figure che Maurizio de Giovanni ha già messo alla prova in un paio di racconti. In Dodici rose a Settembre compaiono per la prima volta in un romanzo. Sono maschere farsesche sullo sfondo chiassoso di una città amara e stanca di tragedie. Un mondo di fatica del vivere che de Giovanni riesce a far immaginare, oltre all’intreccio delle storie, già solo con il linguaggio parlato dai vari personaggi di ogni strato sociale: ironico, idiomatico, paradossale, immaginoso.
Gelsomina Settembre detta Mina, assistente sociale di un consultorio sottofinanziato nei Quartieri Spagnoli di Napoli, è costretta a occuparsi di casi senza giustizia. La affiancano alcuni tipi caratteristici con cui forma un improvvisato, e un po’ buffo, gruppo di intervento in ambienti dominati da regole diverse dall’ordine ufficiale. Domenico Gammardella «chiamami Mimmo», bello come Robert Redford, con un fascino del tutto involontario e una buona volontà spesso frustrata; «Rudy» Trapanese, il portiere dello stabile che si sente irresistibile e quando parla sembra rivolgersi con lo sguardo solo alle belle forme di Mina; e, più di lato, il magistrato De Carolis, antipatico presuntuoso ma quello che alla fine prova a conciliare le leggi con la giustizia.
Vengono trascinati in due corse contro il tempo più o meno parallele. Ma di una sola di esse sono consapevoli. Mentre Mina, a cui non mancano i problemi personali, si dedica a una rischiosa avventura per salvare due vite, un vendicatore, che segue uno schema incomprensibile, stringe intorno a lei una spirale di sangue. La causa è qualcosa di sepolto nel passato remoto. Il magistrato De Carolis deve capire tutto prima che arrivi l’ultima delle dodici rose rosse che, un giorno dopo l’altro, uno sconosciuto invia.
Mina Settembre e gli altri sono figure che Maurizio de Giovanni ha già messo alla prova in un paio di racconti. In Dodici rose a Settembre compaiono per la prima volta in un romanzo. Sono maschere farsesche sullo sfondo chiassoso di una città amara e stanca di tragedie. Un mondo di fatica del vivere che de Giovanni riesce a far immaginare, oltre all’intreccio delle storie, già solo con il linguaggio parlato dai vari personaggi di ogni strato sociale: ironico, idiomatico, paradossale, immaginoso.
Di per sé non è male, ma il confronto che I Bastardi e con Ricciardi è inevitabile. E Mina ne esce nettamente sconfitta.
Ho letto in giro belle recensioni dell'ultimo libro di Sandro Veronesi: Il Colibrì.
Ho adorato Caos calmo. Un po' meno il seguito, Terre rare.
Ho adorato Caos calmo. Un po' meno il seguito, Terre rare.
Marco Carrera è il colibrì. La sua è una vita di continue sospensioni ma anche di coincidenze fatali, di perdite atroci e amori assoluti. Non precipita mai fino in fondo: il suo è un movimento incessante per rimanere fermo, saldo, e quando questo non è possibile, per trovare il punto d'arresto della caduta - perché sopravvivere non significhi vivere di meno. Intorno a lui, Veronesi costruisce un mondo intero, in un tempo liquido che si estende dai primi anni settanta fino a un cupo futuro prossimo, quando all'improvviso splenderà il frutto della resilienza di Marco Carrera: è una bambina, si chiama Miraijin, e sarà l'uomo nuovo.
Devo imparare a fidarmi di meno del "giudizio del pubblico". Un libro che non mi è piaciuto. Non capisco davvero tutti questi giudizi positivi.
Per staccare un po' mi sono buttata su La cripta del Cristo velato di Nicola Manzò.
Sullo sfondo della Napoli del '700 vive il più temuto, il più discusso, il più odiato, il più arcano tra i
personaggi storici partenopei: Raimondo di Sangro VII Principe di San Severo. Scienziato, mago, alchimista, inventore, Gran Maestro della Libera Muratoria (oggi Massoneria), amico del Re e dell'Imperatore Federico II di Prussia. Un personaggio dalle mille facce ma con una indiscussa genialità e le cui scoperte ancora oggi non sono state svelate e rimangono permeate da un alone di magia, di stregoneria, di diabolico. Proprio da un regalo di 200.000 talleri d'argento inviato al Principe di Sansevero dall'imperatore di Prussia e dalla di lui sorella Guglielmina affinchè rimettesse in essere la Libera Muratoria a Napoli di cui era stato Gran Maestro (storico), prende il via questo terzo romanzo dei Delitti del Barbiere. Il commissario Alfredo Renzi, milanese di Corbetta, trasferito a Napoli per lavoro ma anche per problemi privati e personali sarà alle prese con un efferata organizzazione criminale dedita ai furti di grandi opere d'arte. Ma, come da quando è giunto a Napoli circa tre anni prima, potrà fondare sull'aiuto di un gruppo di persone conosciute andando nella sua seconda postazione di lavoro: la Barberia San Biagio. Eh già, quando arrivò a Napoli per la prima volta si sentì molto spaesato in un luogo che aveva sempre immaginato come l'antimateria di Milano e quindi non sapendo dove poter attingere informazioni pensò bene di andare dal barbiere. Barbieri e parrucchiere, storici conoscitori di fatti e misfatti. Qui conobbe Ettore e Pierino i barbieri; Tatillo detto Gùgol, il re di internòs, la rete dei vicoli; Mirella Lauro un'intraprendente ed impavida giornalista de Il Mattino e molti altri che, ciascuno a suo modo, gli avrebbero dato un valido aiuto nel penetrare nella mentalità ma anche nei lati oscuri di Partenope. Sarà sempre con l'aiuto di questa improbabile ma più che efficace rete di informazioni che Alfredo Renzi riuscirà a venire a capo di questa intrigata e sporca faccenda travestita da terrorismo internazionale.
La storia del Principe di San Severo mi ha sempre affascinato. Uomo di grande cultura, genio incompreso in un periodo storico molto particolare. Quando ho frequentato il corso di fotografia tra le materia da studiare c'era anche scenografia. Il prof., appassionato di teatro, ci raccontò tutta la storia di Raimondo di Sangro, del Cristo Velato e dei segreti nascosti nel Palazzo San Severo. Una meraviglia...
Questo libro è davvero bello. Innanzitutto una bella trama. E una ricostruzione storica attenta e scrupolosa. Il personaggio del Principe Raimondo fa da sfondo ad una storia moderna di ricatti e spionaggio. Ho scoperto solo a metà della lettura che questo libro fa parte di una trilogia detta "I delitti del barbiere". Dovrò sicuramente recuperare questa lettura
Incuriosita dal titolo ho letto La logica della lampara di Cristina Cassar Scalia.
Sono le quattro e trenta del mattino. Dalla loro barca il dottor Manfredi Monterreale e Sante Tammaro, giornalista di un quotidiano online, intravedono sulla costa un uomo che trascina a fatica una grossa valigia e la getta fra gli scogli. Poche ore dopo il vicequestore Vanina Guarrasi riceve una chiamata anonima: una voce femminile riferisce di aver assistito all'uccisione di una ragazza avvenuta quella notte in un villino sul mare. Due fatti che si scoprono legati e dànno il via a un'indagine assai più delicata del previsto. La scontrosa Vanina, la cui vita privata si complica di giorno in giorno, dovrà muoversi con cautela fra personaggi potenti del capoluogo etneo. Ma anche grazie all'aiuto del commissario in pensione Biagio Patanè, con il quale fa ormai «coppia fissa», sbroglierà un intrigo che, fino all'ultimo, riserva delle sorprese.
Ho scoperto solo alla fine che questo è il secondo libro di cui è protagonista il vicequestore Guarrasi.
E' decisamente un bel libro, ambientato a Catania e si percepisce che la scrittrice conosce bene la città. Anche questa sarà una "lettura da recuperare"!!
Con le amiche del GDL ho letto L'uomo di Kiev di Bernard Malamud.
Basato su una vicenda realmente accaduta, L’uomo di Kiev è la storia di uno sconcertante caso giudiziario. È il 1911 e la Russia zarista è attraversata da frequenti scoppi di violenza antisemita. Yakov Bok è un ebreo che si guadagna da vivere come tuttofare; lasciato dalla moglie, cerca fortuna nella città di Kiev dove, spacciandosi per gentile, riesce a farsi assumere come sorvegliante in una fabbrica di mattoni. Ma quando accanto alla fabbrica viene ritrovato il cadavere di un bambino, si diffonde la voce che si tratti di un delitto perpetrato dagli ebrei a scopi rituali e scatta la ricerca del capro espiatorio: tradito da false testimonianze e incastrato dalla polizia, Yakov viene accusato del crimine. Rinchiuso in carcere senza processo, umiliato, abbandonato da tutti, l’uomo non smetterà di lottare con tutte le sue forze per difendere la propria innocenza. Pubblicato per la prima volta nel 1966 e premiato con il Pulitzer e il National Book Award, L’uomo di Kiev non è soltanto una vigorosa denuncia del razzismo e della violenza del potere, ma un apologo universale sulla condizione umana: sulla nostra solitudine, le nostre paure irrazionali, il nostro incoercibile desiderio di giustizia.
Il romanzo ricostruisce una storia accaduta davvero nel 1913, quando un uomo chiamato Menahem Mendel Beilis venne imprigionato ingiustamente nella Russia zarista con l'accusa di aver ucciso un ragazzo di 13 anni per motivi rituali legati alla Pasqua ebraica
Sono andata a cercare notizie sui fatti, su Wikipedia si trovano in inglese. Una storia assurda davvero.
Sempre la mia personal guru Lele mi ha consigliato di leggere Il gruppo di Mary McCarthy.
Il «gruppo» del titolo è costituito da otto inseparabili amiche, rigorosamente upper class, compagne di studi al Vassar, prestigioso college femminile. Dopo la laurea, nel 1933, iniziano tutte a inseguire qualcosa di diverso da ciò che il destino gli ha assegnato, ma collezionano errori e sconfitte. Il romanzo le segue a turno nelle loro vicende erotiche e familiari, che passano attraverso matrimoni poco felici e tradimenti, ma anche scelte sorprendenti e meno convenzionali. Un'opera affilata, di ampio respiro, in perfetto equilibrio tra satira e tragedia, e un affresco impeccabile dell'America di Roosevelt e del New Deal, sospesa tra i sogni di benessere collettivo e il permanere di un classismo spesso brutale.
Capolavoro di Mary McCarthy, a più di cinquant'anni dalla sua pubblicazione è ancora più attuale che mai: un ritratto corale al femminile caustico e feroce, che mette alla berlina il sessismo e le illusorie consolazioni del progresso, raccontando, attraverso una serie di storie individuali, un'intera epoca.
Il romanzo offre un mosaico di personaggi indimenticabili. Un libro da leggere.
Mi sono fatta tentare dal titolo buffo: Il club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey di Annie Barrows.
È il 1946 e Juliet Ashton, giovane giornalista londinese di successo, è in cerca di un libro da scrivere. All'improvviso riceve una lettera da Dawsey Adams - che per caso ha comprato un volume che una volta le era appartenuto - e, animati dal comune amore per la lettura, cominciano a scriversi. Quando Dawsey le rivela di essere membro del Club del libro e della torta di bucce di patata di Guernsey, in Juliet si scatena la curiosità di saperne di più e inizia un'intensa corrispondenza con gli altri membri del circolo. Mentre le lettere volano avanti e indietro attraverso la Manica con storie della vita a Guernsey sotto l'occupazione tedesca, Juliet scopre che il club è straordinario e bizzarro come il nome che porta. Una commedia brillante (anche se nel corso della narrazione emergono tradimenti, bassezze, vigliaccherie) che parla di amore per i libri, di editori, scrittori e lettori, e poi di coraggio di fronte al male, di lealtà e amicizia, e di come i libri ti possano salvare la vita.
Un libro originale, divertente, toccante e avvincente. La storia è veramente carina e le ambientazioni descritte mi hanno affascinato. Sono andata su Google a cercare le immagini di Guernsey!
E' un libro leggero che trasporta in un'isola meravigliosa ma che allo stesso tempo fa riflettere sulla barbarie della guerra.
L'ultimo libro di questo mese di aprile l'ho visto su Facebook, credo pubblicizzato da Luca Bianchini: Ritrovarsi a Parigi di Gajto Gazdanov.
Dopo la morte della madre, Pierre Fauré lascia Parigi per trascorrere il mese d'agosto in Provenza da François, un vecchio amico ritrovato per caso. L'incontro con la foresta, i suoi sentieri, la sua luce, la sua immutabilità e il suo silenzio fa intuire a Pierre - un uomo semplice, contabile di una piccola impresa - l'esistenza di un regno insospettato dove il tempo, lo spazio e le sensazioni sembrano essersi immobilizzati in bilico fra sogno e realtà. Ma c'è un altro incontro ad attenderlo: è Marie, che un giorno appare sulla soglia della stanza che lo ospita, un "povero animale malato" che François ha trovato sul ciglio della strada nell'estate del 1940 e ha salvato dall'internamento in manicomio. È lei a innescare in Pierre un moto di rivolta per l'inutilità della propria vita. Contro il parere di tutti decide di portarla con sé a Parigi, dove per mesi si ostina a cercare di far uscire la giovane donna dal limbo dell'inconsapevolezza e dell'oblio nel quale è sprofondata. Solo un miracolo potrebbe salvarla. E così accade: grazie alla dedizione e alla pazienza di Pierre, Marie riuscirà a ritrovare la sua umanità, la sua memoria, il suo passato. E a uscire dall'oblio saranno in due: Pierre scoprirà il senso della vita e deciderà di ricominciare, salvato dal suo stesso miracolo.
Romanzo semplice, molto romantico. Una storia delicata, che forse di questi tempi aiuta. Uno scrittore per me sconosciuto che però è riuscito a farmi apprezzare i suoi personaggi e la storia.
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